I particolari del decreto anti-CBD in Italia e la decisione del TAR del Lazio

canabis

Le questioni legali riguardanti l’uso e la vendita del cannabidiolo, o CBD, in Italia sono diventate oggi un vero e proprio terreno di battaglia.

Ad oggi si trova della canapa light anche online, come sul sito di Justbob, tra i maggiori rivenditori nel nostro Paese. Ma alcune iniziative del governo hanno minacciato di tarpare le ali in questo settore in crescita.

Un recente decreto ministeriale che vietava la vendita di prodotti contenenti CBD per uso orale ha scatenato un dibattito acceso e una serie di reazioni. Tuttavia, la decisione è stata rapidamente contestata dall’Imprenditori Canapa Italia (ICI), un’associazione che ha presentato un ricorso al TAR del Lazio. Questa mossa ha portato alla sospensione temporanea del decreto, riaprendo le porte alla vendita di prodotti a base di CBD.

Ma cosa ha spinto l’ICI a intraprendere un’azione così decisa? E cosa significa esattamente questa sospensione per il futuro del CBD in Italia? Questo articolo esamina in dettaglio questi eventi, le motivazioni dietro le azioni dell’ICI e le possibili implicazioni per l’industria del CBD in Italia.

Questa la recente decisione del TAR del Lazio

Il 7 agosto 2023, il mondo del CBD in Italia è stato scosso da un decreto ministeriale che vietava la vendita di prodotti a base di cannabidiolo. Una decisione che ha suscitato molte polemiche e ha dato il via a un dibattito acceso sul futuro del CBD nel paese.

Questo decreto, però, ha avuto vita breve. Meno di due mesi dopo l’associazione Imprenditori Canapa Italia (ICI) ha presentato un ricorso al TAR del Lazio, contestando l’illegittimità del decreto ministeriale. Una mossa audace che ha dato speranza a molti sostenitori del CBD in Italia.

Ma cosa ha spinto l’ICI a intraprendere un’azione così decisa?

La risposta risiede nella crescente popolarità del CBD in Italia. Nonostante le controversie legate alla sua regolamentazione, la diffusione del cannabidiolo è in costante crescita. Questo perché il suo utilizzo non è legato a un consumo ricreativo, ma a scopi terapeutici. E con la possibilità di acquistare prodotti a base di CBD in maniera legale e sicura la domanda è destinata a crescere ulteriormente.

Il TAR del Lazio, ascoltando le argomentazioni dell’ICI, ha deciso di sospendere il decreto ministeriale. Una decisione che ha portato un sospiro di sollievo a molti.

Ma cosa significa esattamente questa sospensione? E quali sono le implicazioni per il futuro del CBD in Italia?

La sospensione del decreto significa che, per ora, la vendita di prodotti a base di CBD per uso orale è di nuovo legale. Questo rappresenta una grande vittoria per l’ICI e per tutti coloro che sostengono i benefici terapeutici del CBD. Tuttavia, la battaglia non è ancora finita. La decisione del TAR del Lazio è temporanea e il futuro del CBD in Italia rimane incerto.

Perché il Tar ha preso questa decisione?

Il TAR del Lazio, nel valutare il ricorso presentato dall’ICI, ha individuato una lacuna fondamentale nel processo di approvazione del decreto ministeriale stabilendo che il decreto è entrato in vigore senza la previa adozione del parere del Consiglio Superiore di Sanità, come richiesto dalla normativa vigente. Questa omissione ha costituito uno dei pilastri su cui si è basata la decisione del TAR di sospendere l’iniziativa.

L’ICI, nel suo ricorso, ha evidenziato anche un altro punto cruciale. L’associazione sostiene che la decisione del governo è contraria alla giurisprudenza comunitaria e alle posizioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Questo è un argomento di peso, considerando che la giurisprudenza comunitaria e le posizioni dell’OMS sono riconosciute a livello internazionale.

Il TAR, prendendo in considerazione questi argomenti, ha sospeso l’efficacia del decreto fino alla camera di consiglio del 24 ottobre. offrendo un sospiro di sollievo alle imprese del settore, che si trovavano ad affrontare una situazione di grande incertezza.

L’ICI si è detta speranzosa che il TAR confermi la sospensiva del decreto. Il motivo è semplice: il decreto colpisce un’intera filiera e mette a rischio posti di lavoro. Un’industria che era in crescita si è trovata improvvisamente a dover affrontare un futuro incerto.

L’accusa al governo dei sostenitori della libera vendita del CBD

In seguito al decreto sono state effettuate ispezioni e accertamenti nei negozi che vendono prodotti a base di CBD. Queste ispezioni hanno portato a contestazioni di violazioni normative e a sequestri di merce, un colpo duro per un settore che, fino a poco tempo prima, operava in un quadro legale chiaro e definito.

Marco Perduca, dell’Associazione Luca Coscioni, ha commentato la decisione del TAR approvandola in base all’evoluzione della legislazione in materia di cannabis al livello internazionale, criticando nel contempo il Ministro Schillaci per non aver tenuto in considerazione l’ampia letteratura scientifica in materia. Un’accusa pesante, che sottolinea quanto la decisione di vietare la vendita di prodotti a base di CBD sia stata controversa.

La sospensione del decreto ministeriale da parte del TAR del Lazio rappresenta un punto di svolta nella storia del CBD in Italia. Nonostante le sfide che ancora attendono, questa decisione offre una luce di speranza per il futuro del cannabidiolo nel Paese. E con il sostegno di associazioni come l’ICI e l’Associazione Luca Coscioni, sembra che la battaglia per la regolamentazione del CBD in Italia sia lontana dall’essere finita.

In conclusione

Il caso del CBD in Italia solleva una serie di domande importanti sul ruolo della scienza e della ricerca nell’informare le decisioni politiche, sulla necessità di una regolamentazione chiara e basata su prove concrete, e sul diritto dei cittadini di accedere a prodotti che possono migliorare la loro qualità della vita.

Ma forse la domanda più importante, quella che dovremmo tutti farci, è questa: viviamo in un’epoca in cui la scienza e la ricerca avanzano a passi da gigante, offrendo nuove opportunità per migliorare la salute e il benessere delle persone. Non dovremmo allora fare tutto il possibile per garantire che queste opportunità siano accessibili a tutti, piuttosto che chiudere le porte a causa di pregiudizi e paure infondate?